Charles Dickens, il celebre scrittore inglese, intraprese nel 1842 un viaggio negli Stati Uniti spinto dalla curiosità verso questa “nazione” vista come un “paradiso per gli oppressi”, che aveva superato le ingiustizie del Vecchio Mondo. Accompagnato dalla moglie Kate e dalla sua cameriera Anne Brown, Dickens si trovò ben presto a confrontarsi con una realtà molto diversa dalle sue aspettative. Quel viaggio sarebbe diventato uno dei più turbolenti della sua vita.

Il disincanto americano di Dickens:
Le prime difficoltà emersero già a bordo del piroscafo Britannia, con una cabina così angusta che le valigie ebbero difficoltà a passarvi. In una lettera all’amico John Foster, Dickens si lamentava della sua popolarità soffocante, che gli impediva di “fare niente, andare da nessuna parte e vedere ciò che [voleva] vedere”.
Oltre al fastidio per l’invadenza dei fan, Dickens aveva un’altra ragione per il suo viaggio: la questione dei diritti d’autore. Le sue opere circolavano nel Nuovo Mondo senza che lui ricevesse alcuna remunerazione, e il suo appello per l’istituzione di un diritto d’autore internazionale cadde nel vuoto.
“American Notes”: Uno sguardo critico e ironico
L’esperienza americana di Dickens diede vita a “American Notes“, un libro in cui l’autore, con una certa ironia, descrive le sue impressioni sugli Stati Uniti. Non mancano le critiche, spesso colorite e divertite, come quella sul vizio americano di masticare tabacco e sulla scarsa precisione degli sputatori, tanto da consigliare ai visitatori di “fare attenzione se vi cade qualcosa o una borsa sul pavimento” e di indossare i guanti per raccoglierla.
Dickens descrive scene memorabili, come quella del viaggio in treno da New York a Philadelphia, dove scambiò per “piume” ciò che in realtà erano sputi lanciati dai finestrini. Un’escursione in battello si trasformò in una “tempesta perfetta, tempesta di sputi”, con il cappotto dello scrittore che divenne bersaglio di cinque signori.
Oltre alle abitudini poco raffinate, Charles Dickens criticò anche aspetti sociali più seri, come la condizione dei bambini, la povertà e l’istituzione della schiavitù, riportando anche “resoconti dei giornali di schiavi in fuga orribilmente sfigurati dai loro padroni crudeli”.
La delusione di Dickens raggiunse l’apice quando lasciò il paese, affermando: “questa non è la repubblica che avevo sognato”.
L’Eredità Americana: “Martin Chuzzlewit” e il Ritorno Trionfale:
Tornato in Inghilterra, Dickens utilizzò il materiale raccolto per scrivere “American Notes” e trarne ispirazione per il romanzo “Martin Chuzzlewit”.
Il romanzo racconta l’avidità dei parenti e vede il nipote andare in America, dove l’autore esprime i suoi sentimenti contrastanti verso il paese.
La risposta americana a “Martin Chuzzlewit” fu inizialmente negativa, ma l’irritazione si placò con il tempo e la popolarità di Dickens si ristabilì.
Dopo il successo di “Canti di Natale”, Dickens tornò in America nel 1867 per un tour di letture, e fu accolto con un grande entusiasmo.
Le strade furono pulite e gli edifici dipinti per l’occasione. Le scene al Tremont Temple di Boston descrivono una folla in delirio per accaparrarsi i biglietti.
Nonostante la salute precaria, Dickens visse un periodo felice durante questo secondo viaggio.
Un episodio curioso fu l’incontro con la giovane Kate Wiggin, che gli diede un’opinione sincera sui suoi libri, ammettendo di “saltare spesso le parti noiose”.
Dickens, divertito, prese nota dell’osservazione.
Conclusione:
Il rapporto di Charles Dickens con l’America fu un’alternanza di amore e odio, di speranze e disillusioni.
Le sue “Note Americane” e “Martin Chuzzlewit” offrono una testimonianza vivida e affascinante, permettendoci di esplorare un capitolo importante della vita e dell’opera di questo grande scrittore.
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